Linde Burkhardt Texte

Dentro e oltre la ceramica

2009

Franco Bertoni

Non si dirà abbastanza, quando si vorrà iniziare a farlo, dell'importanza degli apporti esogeni nella lunga storia della ceramica.

Dai segni arcaici ai motivi religiosi fino ai modelli forniti, tramite pitture, disegni e incisioni, dalle “arti maggiori” comprendendo star come Picasso e, piu vicino a noi, noti architetti e designer, tante sono le possibili registrazioni e incursioni esterne in un mondo che, a seconda delle condizioni storiche e delle culture, si è dimostrato più o meno aperto e ricettivo.

Linde Burkhardt, sul solco ben traciato da tanti artisti e architetti del Novecento, è la protagonista contemporanea di un complesso dialogo tra l'arte, l'architettura, il design e la ceramica. Nella sua lunga e fertile carriera si possono certamente evidenziare nuclei privilegiati di interesse e corispondenti scansioni temporali ma, ai nostro fini, preme maggiormente evidenziare le ricadute ceramiche di questa apertura mentale.

Che L'artista sia dotata d'interessi e poteri politecnici è ben noto. Negli anni Sessanta è pittrice, ma ben presto abbandona il cavaletto per verifiche estetiche a scala urbana […]

(Linde) decora con lo stesso spririto dei maestri del primo Novecento convinti che sulla pelle degli oggetti o delle architetture, che altri volevano netta e pulita, si gioca una partita fondamentale: quella di una narrazione, anche astratta, che rende piu complessa, se non completa, la vita degli oggetti. In Linde Burkhardt, pero, nessuna umiliazione di fronte alle tecniche del passato. Anzi, innovazione. Come quella dell'utilizzo del trapano elettrico per segnare linee,rendere mosse le superfici, per incidere fori. Una tecnologia moderna e apparentemente poco ceramica che, tuttavia, ha illustri anticedenti nella pratica della “riserva” e del “graffito”. Un cerchio.

Quell'unità di forma, funzione e narrazione ancora contenuta nelle splendide perdizioni immaginifiche di Josef Hoffmann, Dagobert Peche, Franz von Zülow o Koloman Moser (solo per citare artisti di area centroeuropea), data per irrimediabilmente perduta a seguito dei diktat di stretta osservanza funzionalista, risorge come una fenice. Risorge la piacevolezza del segno, del racconto, di una evocazione che espande i poteri di attrazione e le capacità di affabulazione.

Si aprono nuovi, in realtà antichi orizzonti. Quella storia, anche minore, (si vedano, a proposito, i confronti dei maestri viennesi con il folklore e quelli di Linde con i tessuti delle piu varie aree etniche) che era stata praticamente espulsa anche dai corsi del prima Bauhaus di Weimar ritorna a fare sentire la sua presenza. Di qui, un rivolgimento e una complessità che connota le piu interessanti proposte artistiche contemporanee.

Complesse sono anche le steli totemiche intitolate “Belle di giorno, belle di notte” esposte al MIC per la prima volta e mi sembra che in questo gruppo di opere trovino odierno punto di arrivo tante sue esperienze precedenti: dagli interventi a scala urbana dei primi anni di attività al design, fino agli studi sui tessuti che in qualche modo hanno favorito l'accesso all'universo ceramico. Tra vasi e sperimentazioni in qui Linde Burkhardt si muove a proprio agio poiché la sua parola d'ordine è “libertà”. Libertà di rendere la mole di una sorta di obelisco moderno (elegante e raffinato segno urbano o garbata irrisione a ingenue pretese di eternità?) liscia e setosa come un lussuoso tessuto. Libertà di muoversi in questa foresta pietrificata con l'attenzione - e l'emozione - di un entomologo pronto a cogliere le piu minute variazioni coloristiche di una superstite farfalla. Libertà di essere modernamente antica. Libertà di pensare che le superfici modificano le forme. Libertà di non solo essere designer o artista o ceramista. Libertà di affermare che le cattedrali non sono mai state del tutto bianche. Libertà di essere „leggeri” e, in questo modo, forse, anche felici.

Franco Bertoni
Esperto delle Collezioni Moderne e Contemporanee del Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza.